ETTORE LUNELLI (1924-2011) - E' stato allievo del pittore trentino Luigi Bonazza dal 1939 al 1943.
Ha conseguito il diploma pressol'Accademia di Belle Arti a Bologna nel 1951. Ha insegnato educazione artistica nelle scuole medie sino al 1989.
Ha partecipato alle mostre collettive organizzate dalla sezione di Trento della Unione Cattolica Artisti Italiani. Coltiva la ricerca sull’arte e le sue problematiche pubblicando alcuni scritti.



CREO, ALLORA SONO. Alcune riflessioni...

Premessa.

Cogito ergo sum (Cartesio) Penso dunque sono. La coscienza di “essere” che viene dal “pensiero” è intima e personale come intimo e personale è il pensiero.
Ma solo quando il pensiero viene “esternato” con un atto di creatività, anche con la semplice esposizione verbale, e solo allora, la coscienza di essere diviene un fatto sociale: relazionale con gli altri e con l’ambiente.

Dell’opera d’arte.

Dell’opera d’arte. Non intendo disquisire di Arte, compito che lascio a chi sa di filosofia, ma da praticante di colori e pennelli posso solo parlare di creatività artistica, ossia di arte sì, ma non disgiunta dalla concretezza dell’opera. Anche così le cose non sono semplici.
Cercando di analizzare il complesso delle migliori opere d’arte sembra di trovarsi di fronte a un qualcosa che ha molte facce e che ogni faccia sia da vedere sotto un variare di luci.
Unico punto fermo è che le opere d’arte sono un prodotto della creatività umana.
Sin dalla preistoria l’uomo ha operato sull’ambiente per adattarlo alle proprie esigenze (dalla realizzazione di “attrezzi” sino alla esecuzione di rifugi) esercitando “creatività” che, con l’acquisizione di informazioni e di esperienze, è diventata una delle fondamentali facoltà che distinguono l’uomo da tutti gli altri esseri viventi.

La creatività si è andata differenziando in una moltitudine di varietà, ma raggruppabili in due filoni fondamentali:
  1. Creatività utilitaristica, che comprende tutti gli aspetti delle attività tendenti a modificare l’ambiente, anche con la realizzazione di cose del tutto nuove, in modo da trarne un utile concreto alla vita.

  2. Creatività “libera”, ossia svincolata da qualsiasi finalità utilitaristica e che comprende attività realizzate per impulso innato o per ricerca ludica, comunque operosità che non sembrano avere una applicazione “utile”.

La creatività libera si può suddividere fondamentalmente in tre modelli:
  • movimento corporeo (sport e ballo –attività che fanno interagire l’io con lo spazio con la conferma dell’esistere).
  • creazione di opere materiali o operazione su oggetti
  • attività intellettuale e di comunicazione.

Le opere d’arte sono da ritenere appartenenti sia alla categoria della realizzazione di oggetti concreti che alla attività intellettuale.

Alla creatività utilitaristica sono da assimilare anche i linguaggi necessari per rendere “pubblica” qualsiasi informazione o ogni pensiero. Molti linguaggi si formano spontaneamente per evoluzione, altri sono creati volutamente con inventiva. Vi sono linguaggi fatti di “parole”, linguaggi fati di “segni” (dalla pittografia ai disegni tecnici) o realizzati con parole e segni.
Il “linguaggio” primario per comunicare è certamente la “lingua”, ossia la parola sia scritta che pronunciata. Nella tecnologia è però importante la grafica che rappresenta, con alcune regole, in maniera sovente più diretta, l’aspetto d elle realizzazioni tecniche.
L’attività creativa libera si articola in moltissime varietà: dalla raccolta di varie cose, al modellismo ecc., ma in queste mie riflessioni mi interesso alla produzione di “opere concrete” che per essere rese pubbliche debbono essere realizzate con un qualche linguaggio codificato culturalmente, ossia composto da simboli, da allegorie, da espressioni figurate, da metafore ecc. generlmente consueti nell’ambiente al quale è destinata l’opera, ma anche da segni che operando nel subconscio sollecitano reazioni intuitive.

La creatività intellettuale (filosofica, teologica, storica ecc.) è finalizzata alla comunicazione qualunque sia la “lingua” nella quale venga riferita o tradotta.
Se lo stesso pensiero si cerca di esprimerlo in un linguaggio diverso da quello verbale, senza modificare la finalità, ossia come pura comunicazione, resta sempre una “dissertazione” intellettuale (filosofico, teologico, storico ecc.).
Solo se, prendendo le mosse dallo stesso argomento, si introduce un diverso obiettivo: un diverso rapporto tra tema ed espressione (ossia se il linguaggio usato, sia lingua o altro, viene trattato in modo non puramente descrittivo, ma costruito con regole non convenzionali e tendente a arricchire il messaggio con aspetti psicoaffettivi) si potrà parlare di una creatività libera che vuole stabilire altri rapporti tra “opera” e fruitore.
Compito della scienza, della filosofia, della teologia è la conoscenza; il compito dell’arte è quello di privilegiare l’amore sulla conoscenza.
Un’opera creata diventa ARTE quando in esssa viene “alterata” la comunicazione, spostandola dal “concetto” a un richiamo affettivo dell’osservatore per l’opera stessa.
D’altro canto abbiamo opere create con una”lingua” che oltre a comunicare un messaggio o esporre un pensiero o una descrizione sollecitano una partecipazione affettiva alla “narrazione” che il testo comunica; questo succede quando la lingua viene usata in una costruzione armonica, creando ARTE.

La qualità artistica di un’opera (creatività libera) è determinata dal rapporto tra il contenuto e la “forma” che lo esprime: da come gli elementi del linguaggio usato sono organizzati in modo da creare una struttura ritmica sia come intelaiatura generale dell’opera che come cadenze e rapporti tra gli elementi.
Infatti se si confronta un’opera poetica di Leopardi (o altro grande poeta) con la relativa parafrasi scolastica (oggi forma didattica probabilmente superata) è evidente che il contenuto è lo stesso, ma non la forma; l’uso diversamente ritmico del linguaggio e l’efficacia espressiva sono molto diverse.
E’ questa differenza che determina la qualità artistica dell’opera del poeta e la “piattezza narrativa” della parafrasi.
E’ comunque fondamentale che l’dea di base, (o contenuto) dalla quale l’artista prende le mosse per la sua creazione, sia da lui capita come valore universale: non come fatto di cronaca e che anche un semplice paesaggio o una natura morta siano sentite con partecipazione intimamente viva; solo così l’artista saprà trovare il giusto equilibrio degli elementi formali del linguaggio usato.

Gli elementi concreti, materiali o linguistici, che compongono il frutto della attività creativa libera possono essere indicati suddividendoli per categorie:
  1. i significanti e i simboli che espongono il tema o soggetto,

  2. le masse: pieni e vuoti che possono determinare l’equilibrio statico o dinamico dell’opera,

  3. il chiaroscuro o assenza di variazione di tono che determina la apparenza o assenza di plasticità degli elementi rappresentati,

  4. la organizzazione regolare o irregolare dei “segni”,

  5. la cromaticità ossia come le variazioni di colore sono usate in modo organico e regolare o in modo dinamico,

  6. i volumi in opere tridimensionali ecc.

Gli elementi sopra elencati istintivamente sembrano riferirsi solo a realizzazioni figurative o formate da materiali tangibili, ma per analogia si possono riferire anche a realizzazioni letterarie o musicali o altro.
Però gli elementi linguistici e le modificazione delle eventuali realtà rappresentate debbono essere organizzati in modo che oltre ad avere un significato comprensibile intellettualmente abbiano anche una razionale organizzazione ed equilibrata esteriorità in modo da suggerire una unità formale dell’opera e sollecitare un “interesse” nell’osservatore.
La personalità e cultura dell’autore dell’opera sono determinanti nel definire nel lavoro l’equilibrio degli elementi formali che poi sollecitano nell’osservatore dell’opera una risposta intellettuale, ma anche, e forse sopratutto, una risonanza nel subconscio.
L’artista deve saper aderire “spiritualmente” al tema dell’opera che sta realizzando, o comunque saper individuare e intuire quella che si può definire “portata universale” della tematica trattata.
L’artista deve saper superare la “dimensione” di cronaca nel tema trattato; di fronte alla realtà ( per esempio un paesaggio) deve saper cogliere gli aspetti che inducono una adesione affettiva: non come persona che vede il paesaggio come una cartolina, ma come chi in esso si sente coinvolto e partecipe.
L’opera d’arte non è una pura narrazione, ma una realtà coinvolgente la conoscenza e l’affettività.
Il prevalere dei componenti significanti o simbolici sull’aspetto organizzativo e formale determina in un’opera una finalità comunicativa, interessando essenzialmente la sfera cognitiva.
Tutti gli altri elementi formali che determinano la forma concreta dell’opera sono decisivi nello stabilire un eventuale rapporto affettivo tra opera e osservatore.
Nella quotidianità del “vedere” vengono assunte molte informazioni che tendono a rendere certa e completa la conoscenza di quanto osservato. Anche l’”immaginazione” è ricca di “dati”, ma l’artista nel creare la sua opera deve attenuare o non "segnare” quanto risulterebbe ridondante.
La scelta delle informazioni è ispirata dalla personalità dell’artista e dalla cultura viva nell’ambiente in cui opera, ma studi e convincimenti personali possono far sì che l’artista operi scelte in opposizione a quanto la “moda” vorrebbe imporre, realizzando opere che, superando il “concettuale” e, quasi realtà vive, catturino l’amore in chi le ammira con mente libera.
Il variato equilibrio formale degli elementi linguistici crea l’impostazione dell’opera che può assumere vari aspetti: teatrale, ridondante, retorica, aggressivo, sentimentale, astruso, ecc.
Ossia l’organizzazione dei “segni” produce nell’osservatore attento e disponibile una variata risposta psichica che può anche assumere variazioni soggettive.
Ed è appunto il particolare equilibrio dei valori formali che determina nell’osservatore un sentimento di legame affettivo che, quanto più forte è, tanto più alta è la qualità artistica.
Questo legame può stabilirsi con immediatezza quando la composizione dell’opera ha un aspetto che richiama l’attenzione, ma gli elementi formali debbono essere coordinati in una struttura organica e armonica in modo da evitare ostentazione per coinvolgere l’intuizione dell’osservatore più profondamente.
In altre opere, che hanno un aspetto più sommesso, il legame affettivo può formarsi con minore prontezza e a volte essere possibile solo se una persona particolarmente attenta e sensibile concentra su quelle opere la dovuta attenzione.
Se cerchiamo di esporre in modo sintetico il “pensiero” che informa la produzione artistica nello scorrere del tempo notiamo subito come nel periodo storico del medioevo, quando la fede religiosa era viva, la “narrazione” nelle opere d’arte presenta la tendenza a superare la visione contingente, ossia a riconoscere valori oltre il livello di “cronaca”, questo non solo nelle committenze di opere “sacre”, ma anche negli episodi di vita cortigiana.

Il pensiero della “vita cavalleresca” ispirava una narrazione “trascendente la oggettività dei fatti”, anche se poi i “cavalieri” ne facevano di cotte e crude.
Questo modo di una narrazione “trascendente la cronaca”, anche se a volte in modo tecnicamente ingenuo, suggeriva una impostazione formale equilibrata nella disposizione degli elementi compositivi: linee, forme, rapporti tra pieni e vuoti, rapporti cromatici, ecc. sollecitando interesse e affettività.
Nello scorrere del tempo si accrescono le capacità di mestiere, mutano le maniere di fare arte, ma sino all’inizio del sedicesimo secolo si ha nelle opere d’arte un superamento della semplice cronaca in valori universali coivolgenti l’affettività di chi ammira quelle opere.

Nel diciassettesimo secolo, a seconda delle zone territoriali, nella impostazione della creatività artistica si rivela la tendenza a spostare la visione dapprima verso una visione di attualità, quasi verità di cronaca, poi verso una forte spettacolarità o “teatralità” della visione.
Gli artisti mostrano una propensione a interpretare l’osservazione della realtà in modo “scenico”, a volte non privo di retorica.

Nel ‘700 le sempre più acquisite abilità tecniche aprono orizzonti ad una narrativa elegante, ricca di soluzioni immaginative e scenografie avvincenti, di “spirito” leggero per spostarsi poi verso una più severa costruzione della narrazione con soggetti mitologici e storici per sfociare nel neoclassicismo ove la perfetta resa plastica del vero è esaltata dalle alte capacità esecutive che sembrano essere l’ideale nel fare “arte”.

Sul finire dell’ ‘800 gli artisti cercano un linguaggio che permetta una più immediata e più avvincente lettura delle opere e una più pronta emozione.
L’ispirazione non è più epica, ma viene dalla cronaca, vuoi ora di ambito provinciale o da visioni cosmopolite o esotiche; sempre però l’uomo, nel suo agire, è centro e fine della narrazione ignorando qualsiasi spirito sia universale che di religiosità trascendente.
Ben presto gli artisti sentono la scarsa profondità di quelle tematiche e cercano di esprimere con forza e anche violenza gli intimi sentimenti che agitano negli animi dei contemporanei anche con simbolismi e valenze decorative.

La creatività libera con intenti artistici si orienta nel Novecento verso visioni concettuali svincolate dalla realtà e dalle emozioni e dai sentimenti sino all’esclusione del “vero” da ogni ispirazione e all’uso delle tecniche tipiche dell’arte in espressioni che, se non supportate da spiegazioni esplicative, nulla dicono all’osservatore se non una inconscia sollecitazione ritmica, ma senza ispirare adesione affettiva all’opera.
Se ogni tempo necessita di un linguaggio adatto ai ritmi della attualità della vita, nell’opera d’arte il linguaggio usato deve essere opportunamente “modificato” per aderire alla universalità dei ritmi della vita conscia e inconscia.
Un’opera d’arte può nascere anche da fatto di cronaca, ma deve risolvere la cronaca in un contenuto universale per catturare affettività.

Questo esame dell’evoluzione della creatività artistica è decisamente sommario e lacunoso, ma cerca di evidenziare come vi sia, dal ‘500 in poi, una tendenza a realizzare opere che esprimano teatralità, riducendo la narrazione a livello di cronaca, rinunciando ad una ispirazione profonda, ma limitandosi a sollecitare emozioni anche forti escludendo una visione che superi il contingente o privilegiando un pensiero razionale che escluda il trascendente, oggi più che affettività la creatività libera tende a produrre adrenalina nel fruitore.
Però vari artisti, dotati di particolare sensibilità hanno saputo operare con dedizione e amore all’opera superando la cronaca, e, se pur inseriti nel gusto della propria epoca, hanno saputo creare opere che sollecitano legame affettivo in chi le ammira realizzando opere d’arte che arricchiscono i contenuti con una “visione” univrsale coinvolgendo affettivamente l’osservatore e trasmettendo sensazione di serenità ed equilibrio anche nelle opere di soggetto anche doloroso sia profano che mitologico o relogioso.
Questi artisti crearono con spirito trascendente, a volte in tutta la produzione, o solo dopo un periodo di ricerca o in opere particolarmente ispirate.
Per chiarire il concetto è opportuno che citi alcuni nomi di questi artisti: Caravaggio, Rembrandt, Vermeer, Francesco Guardi, Piazzetta, Chardin, Turner; questi artisti hanno saputo essere umili “servitori” delle opere create e non padroni di esse, non superbi creatori.

Conclusioni sulla qualità nell’arte.

Il bello nell’arte non coincide col “piacevole”, né con l’esposizione di un tema forte o di una denuncia, ma è dato da una “forma” che si esprime con equilibrio tra “tema” e “modi” così che l’opera risulta in grado di legare l’osservatore a sé sollecitando affettività.
Rapporto di amore che scaturisce dalla percezione, solo in parte, conscia del perfetto rapporto tra le varie componenti formali tra loro e tra queste e il pensiero: equilibrio che rende universale il messaggio dell’opera. In un’opera d’arte l’equilibrio ritmico dei significati e dei significanti e la giusta fusione dei valori formali creano stupore affettivo che è poesia.
Si ha allora una armonia che trasforma i rapporti tra i ritmi, tra i segni, tra gli accordi cromatici e tra i valori plastici in dita che toccano le corde della cetra del cuore umano e producono suoni armoniosi che commuovano lo spirito e l’intelletto.
Il bello nell’arte non è l’apparire, ma un’armonia che stimola affettuosità nel cuore.
Un’opera d’arte nell’esprimere un concetto, apparentemente fondamentale, privilegia un messaggio di amore sollecitando un legame tra se e osservatore; quando invece di fronte ad una creatività l’osservatore prova forte emozione e stupore per le forme che comunicano il messaggio ci si trova di fronte ad una opera di forte valore di comunicatività, ma non di fronte ad arte, anche se spesso con arte viene confusa.
Non esiste un netto confine tra opera d’arte e opera di forte comunicatività! Il confine è determinato dalla sensibilità dell’osservatore e dalla cultura non solo del singolo, ma anche dell’ambiente sociale che accoglie l’opera creata.
La creatività “libera” può anche avere una finalità “giocosa” pur restando nel filone della creatività artistica.
Una composizione musicale può avere fondamentalmente la finalità di assecondare la creatività corporea come la danza: vedi le varie danze popolari, i famosi “valzer” viennesi ecc. Sono composizioni musicali fondamentalmente “giocose” che certamente non hanno la forza artistica né del Gregoriano, né di opere di Palestrina o di G. S. Bach; difficile e forse improbo è definire il confine tra musica giocosa e musica altamente artistica.
Sapere come si deve operare per creare ARTE, sapere quale rapporto di “umiltà” deve avere l’artista nel confronto di quanto sta creando, sapere quale risposta di affettività si deve cercare con l’opera che si va realizzando non bastano per essere capaci di creare ARTE specie se si è immersi in una civiltà tesa al possedere, ad avere tutto e subito, ad apparire, a cercare il meglio per il corpo e per l’intelletto ignorando il donare amore e negando il trascendente nella ricerca di un integralismo laicista.
Intelligenza e conoscenza sono alla base dell’intuizione creativa, ma i popoli uccidono il proprio “pensare con amore” nel caos dei segni, nella baraonda dei colori e nel frastuono delle grancasse e degli altoparlanti rinunciando alla creazione artistica dove l’intelligenza facciendosi umile servitrice del cuore sa creare opere che a vederle appaiano BELLE e BUONE generando amore.

Non solo nell’ARTE vi è libera creatività!

La differenza tra gli esseri umani fa sì che non tutti pratichino l’arte come creatività libera, ma a seconda dell’indole personale cerchino di esercitare altra attività.
L’impulso alla creatività è innato negli esseri umani a causa della selezione naturale che ha fatto primeggiare quegli individui che ne erano dotati. Se pure in quantità diversa ogni essere umano si sente portato, quasi inconsciamente, a “creare”, anche come puro atto di esternazione del proprio pensiero.
Tutta la attività creativa che nel passato veniva esercitata da ogni uomo per realizzare i beni necessari alla vita, oggi viene meno a causa della globalizzazione della produzione di beni utili alla vita e per il singolo essere si riduce la necessità di esercitare la creatività utilitaristica, nasce così la ricerca di uno sfogo alternativo all’uso della creatività libera, ma qualsiasi attività libera o hobbistica richiede non solo del tempo a disposizione, ma in particolare una raggiunta sicurezza economica e una organizzazione del modo di vivere.
Ovviamente queste situazioni sono acquisite solo in una sopraggiunta maturità; i giovani e giovanissimi che sono lontani dalla situazione di sicurezza sia economica che di organizzazione della propria vita hanno bisogno di trovare offerte adeguate.
Le varie attività sportive, come creatività libere, sono quelle maggiormente a disposizione della gioventù anche con maggior articolazione di offerte.
Le istituzioni pubbliche, sia i comuni, che le regioni, le province e lo stato destinano adeguate risorse economiche per campi sportivi, case dello sport e contributi alle varie associazioni sportive; è giustissimo e doveroso che gli enti pubblici sostengano le attività sportive, specie per i giovani.
Non tutti i giovani però amano l’attività sportiva o in questa occupazione trovino piena soddisfazione all’impulso creativo, ma non trovano altre offerte se non da parte di organizzazioni private con i relativi costi. Unica alternativa rimane la discoteca con tutti i relativi problemi del sabato sera.....
A riprova della necessità di esercizio della creatività nei giovani viene certamente dal diffuso uso delle “pitture con bombolette spray” dette graffiti.
L’esigenza in tutti gli uomini di creare si evidenzia dal fatto che oggi, anche in una piccola provincia, vi siano più “artisti” di quanti non ce ne fossero in tutta Italia nel periodo d’oro dell’arte.
Sarebbe doveroso che l’amministrazione pubblica riflettesse su questo problema e destinasse adeguate risorse economiche e adeguata organizzazione per i giovani in modo da offrire alternative creative allo “sballo”.
Il “pensare” non risolve tutti i problemi sociali del singolo, solo la creatività inserisce ognuno nei rapporti sociali.
E’ pure necessario che le opere delle creatività libera dei giovani trovino adeguata presentazione pubblica (mostra ecc.) per rendere efficace questa attività come veicolo di inserimento sociale. Analogamente a quanto avviene nell’ambito sportivo con le gare!
Giovani con buona preparazione culturale hanno una coscienze del proprio esistere anche nel solo “pensare” e nello scambio di riflessioni con altri.
Invece giovani con una disposizione naturale ad una creatività operativa, se non sono stati preparati ad una attività libera secondo la propria indole e in più si trovino nella situazione di temere di non poter essere inseriti in una attività lavorativa, è facile che si sentano frustrati nella loro “coscienza” di esistere e come conseguenza è facile che cerchino di agire, anche con atti distruttivi, per affermare il proprio esistere nella società, sia con la violenza senza senso sulle cose, su esseri viventi ed anche contro altre persone.

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PUBBLICAZIONI:
  • 1964) "L’arte come creazione" - Rivista: IMMAGINI n° 131964 edita da: KOH-I-NOOR HARDTMUTH - Milano
  • 1989) "Arte sacra 89" - nel catalogo della mostra: ARTE SACRA 89
  • 1991) "Cosa è arte?..." - nella rivista: UCT Anno XVI Maggio - Gruppo culturale UCT - UOMO CITTA’ TERRITORIO - TRENTO
  • 1994) "EX LIBRIS REALIZZATI IN MATRICE ELETTRONICA MEDIANTE COMPUTER" - nel catalogo: EX LIBRIS - Unione Cattolica Artisti Italiani - sezione di Trento -
  • 2001) "AFFRESCARE" – prove ed esperienze – UCAI sezione di Trento.
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Mie opere a: Trento - Milano - Bologna - Conegliano V. - Landsberg (Monaco di B - Germania) – Kirchham (Germania) – Vineland ( N.J. - U.S.A.)

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Per contatti: rafflun-chiocciola-gmail.com

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